domenica 30 agosto 2009

CHAOS


Ciò che conta nei frattali, non è tanto l'immagine risultante, ma piuttosto il programma: un infinitesimo piccolo e un infinitesimo grande. Come sappiamo le scienze non possono occuparsi di sistemi divergenti, ma solo di quelli convergenti, poiché dei primi non può essere data generalizzazione, come ad esempio nei percorsi del diagramma della biforcazione. Tutta la fisica del caos però nasce su un assunto: a piccole variazione del sistema allo stato iniziale corrispondono grandi varaiazioni allo stato finale. In questa maniera la presunzione delle scienze riguardo la prevedibilità degli eventi salta: allorchè si presentasse anche un solo evento (unico, non regolare, non periodico ecc), si creerebbe un buco nel sistema, che a livello fisico può anche non essere importante, dopotutto tutte le scienze si basano sull'approssimazione e sulla statistica, ma a livello metafisico le cose cambiano, perché cambia l'idea fondativa stessa dell'universo, che per usare il linguaggio deleuziano, possono essere 'isole di regolarità immerse in un mare di caos oppure isole di caos immerse in un mare di regolarità', fattostà, però, che la rete delle scienze si smaglia, tutto si relativizza, poichè le isole sono isole e pertanto si può parlare di assolutezza solo all'interno dei limiti delle isole. E forse non è un caso che la caduta del sistema scientifico, fisico, ovvero della metafisica, abbia portato alle isole di competenze: la fisica non è più la Fisica, ma fisica meccanica, fisica nucleare, astro-fisica, geo-fisica ecc. che sono separate da chimica, ingegneria ecc. La particellizzazione della conoscenza agisce sul livello fisico di questa, e funziona perfettamente (o quasi) fino a che non si mettono a sistema, sino a che non si allarga lo zoom, come in google map, verso le altre isole.
L'architettura è certa, concreta, artificiale. Ma essa deve esprimere la propria certezza autoreferenziale, e quindi guardare sé stessa ed esempi passati di cose a sé simili, o deve piuttosto prendere a modello la Natura, ancora incerta e ondivaga, della Biologia o, comunque, della realtà?

Gli antichi greci rappresentavano il Chaos come la personificazione dello stato primordiale, del vuoto da cui poi nacquero le divinità. E' interessante notare come 'chaos' ( tό χάος in greco classico) voglia dire strappo, fenditura: la rottura di qualcosa (una crisi?) da cui poi far nascere il nuovo mondo divino. In un certo senso, per passare dal caos alla fase successiva occorre molta energia: lo stato di caos è per forza di cosa uno staus molto complesso, che può facilmente risultare incomprensibile o addirittura irrazionale; dal contro campo la fase successiva riesce ad essere meglio compresa (anche se magari non del tutto) poiché parzializzata da una precedente di grado esponenzialmente più complesso. La differenza di campo è netta, e il problema, ancora una volta si riduce al problema della scelta: scegliere se giocare con il lego o con il das.

venerdì 28 agosto 2009

ARCHITETTURA METAFISCA

"Ciò che la scienza può raggiungere -affermava Poincarè, lo scienziato francese fondatore delle geometrie non euclidee- non sono le cose stesse [...], ma solo le relazioni tra le cose. Al di fuori di queste relazioni non esiste realtà conoscibile".
Il numero è un simbolo. La sua importanza oggi decade e si relativizza: ciò che conta non è più quantificare (l'universo, come nel rinascimento), ma il solo rapporto tra le parti (la forma, cfr F. Bigotti in 'La mente che ordina i segni, ed. Aracne, 2009). Anche in architettura, con l'eliminazione dei passaggi intermedi dal progetto alla realizzazione -ottenuto grazie alle tecnologie CAM-, l'architetto può benissimo fare a meno di utilizzare numeri e procedendo attraverso un processo relazionale a cascata, per cui data una dimensione simbolicamente "vera" -ovvero in grado di ospitare agevolmente funzioni ecc- le altre forme possono esserne ricavate attraverso rapporti scalari .1 .2 .3 ecc. Le relazioni assumono ruolo primario nella progettazione; l'anteprima di AutoCad 2010 svela nuove funzioni parametriche, che permette di agire sugli enti attraverso operazioni parametriche tipo 'uguale, coincidente, parallela, ortogonale, allineato', ecc. Ciò implementa il cambiamento che sta avvenendo nella maniera di progettare e concepire la forma dello spazio come relazione tra le parti.
Dopotutto l'artificio del simbolo numerico ha la sua forza in un ambiente puramente fisico-concreto, nella contabilità, ma trascendendo al piano meta-fisico, una qualsiasi numerazione appare inutile, non costituente un incremento conoscitivo; ciò è più vero se si pensa al legame con la logica, in cui sono ammessi parametri come quelli booleani del true/false, o quelli della logica classica uno, alcuni, tutti, nessuno, è, non è, ecc. Anche l'architetto greco Takis Zenetos, aveva individuato che: "Non esiste l'invenzione. Innovazione è l'aggiunta di informazioni a ciò che già esiste", ponendo l'esistente su un piano base sul quale poter carpire informazioni che già erano lì.
Il livello di astrazione raggiunto grazie ai modelli realizzati all'interno del mezzo informatico, non hanno dopotutto alcun rapporto con la realtà fino al trasporto in questa; finitezza e infinitezza sono due concetti che si scontrano. Le teorie del caos, inoltre, hanno dato un duro colpo alle scienze, che pretendevano di generalizzare le proprie leggi all'intero sistema universale, concependo un Universo "creato", nel quale gli scienziati riuscivano ad individuarne le leggi fondamentali.


mercoledì 26 agosto 2009

PERSONAL ARCHITECTURE

Ormai abbiamo compreso quanto l'Information Technology stia cambiando in maniera sempre più concreta non solo il nostro modo di vivere ma quello di pensare. Spesso mi capita di immaginare quanto nella vita reale sarebbe utile un comando "undo", per risolvere piccoli problemi, errori e dettagli che punteggiano le nostre giornate. L'ambiente virtuale, che sperimentiamo ogni qualvolta l'interfaccia del computer ci proietta al suo interno, è talmente penetrato nel nostro modo di fare (e di essere), che addirittura -per fare un esempio- si perde la grafia acquisita negli anni delle scuole, talmente ormai abituati a digitare lettere e non più a tracciarle e quindi ad associare il simbolo al pulsante, perdendo, la lettera, la sua fisicità, per perdersi completamente nel mondo delle idee e delle informazioni. La tastiera e il mouse sono periferiche; non costituiscono dunque un accredito qualitativo dell'ambiente virtuale, ma solo una nostra "comodità" di dialogo con la macchina. Lo schermo piatto e luminoso di questo mondo penetra affondo nei nostri sguardi, proiettandoci una natura "altra" sperimentabile ancora -per ora- solo attraverso la vista e l'udito.
A lezione si è più volte ribadito il significato che l''IT ha assunto a livello di offerta commerciale, nel senso che i prodotti nati in questa epoca tendono ad essere sempre più personalizzabili, al punto che si potrebbero produrre automobili tutte diverse (...alla faccia di Ford!); a tal proposito c'è un'efficace battuta di Beppe Grillo che segnala come sono cambiate le cose: "fino a cinquant'anni fa, si produceva un bene e si cercava di venderlo a più persone possibili, oggi si producono molti beni e li si cerca di vendere ad uno solo!".
Ma l'architettura, allora, come ha registrato tale cambiamento di offerta?
Già cinquant'anni fa Gilles Ivain, aveva individuato: "il complesso architettonico sarà modificabile. Il suo aspetto cambierà in parte o del tutto a seconda della volontà dei suoi abitanti". Se l'architettura immaginata da Ivain è una sorta di interfaccia, ovvero di un sistema attraverso il quale poter interagire per organizzare liberamente lo spazio abitabile, allora tale iper-spazio, trascende il pragmatismo della materia inerte, pur essendo fisico diviene metafisico. La mutevolezza dell'ambiente architettonico, potrà dunque assumere semantiche sempre nuove, dipendenti dalla volontà del soggetto, ottenendo un'architettura capace di farsi continuamente 'Personal'.

martedì 19 maggio 2009

WRAPPING PROCESS, CYCLIC LOOP, MARATONDA...

'What is a Caucus-race?' said Alice; not that she much wanted to know, but the Dodo had paused as if it thought that somebody ought to speak, and no one else seemed inclined to say anything. 'Why,' said the Dodo, 'the best way to explain it is to do it.' (And, as you might like to try the thing yourself, some winter-day. I will tell you how the Dodo managed it.) First it marked out a race-course, in a sort of circle, ('the exact shape doesn't matter,' it said,) and then all the party were placed along the course, here and there. There was no 'One, two, three and away!', but they liked, so that it was not easy to know when the race was over. However, when they had been running half an hour or so, and were quite dry again, the Dodo suddenly called out 'The race is over!', and they all crowed round it, panting, and asking 'But who has won?'

"Che cos'è un Carosello elettorale [una Maratonda, nda]?" disse Alice: non che ci tenesse molto a saperlo, ma il Dodo aveva lasciato cadere una pausa come se qualcuno dovesse prendere la parola, ma nessuno si era sognato di farlo."Be'," disse il Dodo, "il modo più democratico per spiegarli è farlo." (E nel caso aveste voglia anche voi di sperimentarlo un giorno d'inverno, adesso vi dirò come lo organizzò il Dodo.) Innanzitutto traccio la pista, una specie di cerchio ("cerchio o quadrato basta che sia una pista," disse lui) e poi tutta la brigata fu piazzata lungo il circuito in ordine sparso. Non ci fu alcun "Uno due tre via!", ma ognuno si ritirava a capriccio, cosicché non era tanto facile stabilire se si era tagliato un traguardo. Tuttavia, dopo che tutti quanti avevano corso una mezz'ora e erano tutti belli asciutti, il Dodo tagliò corto: "Fine della gara!" e tutti gli si radunarono intorno, ansimanti, e gli chiesero: "Ma chi ha vinto?"
I Classici Universale Economica Feltrinelli, Lewis Carroll, "Alice nel paese delle meraviglie", trad. it. Aldo Busi

Oltre che per la ciclicità rappresentata nella Maratonda di Alice, il libro di Carroll fa riflettere anche su un'altra questione:
Alice ne paese delle nanomeraviglie
"Nel suo romanzo Alice nel paese delle meraviglie, Lewis Carroll immagina lo stupore della piccola Alice che dopo aver bevuto un curioso intruglio, si trova ridotta alle dimensioni di un topino; le si schiude così un mondo che è tutto una scoperta: la toppa di una serratura non è più soltanto il luogo dove infilare una chiave ma diventa un passaggio tra due stanze, e un bicchiere d'acqua rovesciato smette di essere qualcosa da nascondere alla mamma per trasformarsi in un pericoloso nubifragio. Un mondo meraviglioso, ancor prima di incontrare cappellai matti e gatti birboni: per Alice, un mero salto di scala muta la percezione della realtà in qualcosa di nuovo".
Dario Narducci, "Cosa sono le nanotecnologie, istruzioni per l'uso della prossima rivoluzione scientifica" Sironi Editore

Il salto (reale, immaginato o proiettato) è sempre il motore della scoperta, come pure Jencks individua quale generatore dell'universo: un sistema complesso che si evolve per salti (cfr. Charles Jencks, The Architecture of the Jumping Universe)......

giovedì 30 aprile 2009

ASTRATTISMI

Allorchè si presentò, tra il XIX e XX secolo, il nuovo rilucente paesaggio della città industriale, alcuni artisti, più sensibili al cambiamento, ruppero violentemente col passato, dando al nuovo paesaggio la dignità di soggetto. La grande crisi generata dallo sviluppo della riproduzione fotografica, fece scoprire l'arte all'arte, non nella sua pseudo-falsa essenza di documentatrice storica, ma piuttosto di mezzo espressivo personale di un'artista. Le regole Classiche della composizione artistica saltano, e la composizione diviene sempre più incentrata su un nuovo modo critico di guardare al paesaggio, inteso nella sua inedita frammentarietà, discontinuità, episodicità, dinamicità. Se i dipinti divengono più semplici (e veloci) da realizzare (nasce l'"en plain air"), essi si caricano invece di più complessi significati, portati avanti dalla sensibilità dell'artista; se la realtà è il dato di partenza, gli artisti vi applicano una 'convenzione', realizzando l'opera d'arte. La solitaria figura di Cezanne assume un ruolo guida per i suoi colleghi, incentivando l'esternazione della propria personalità "dimenticando tutto quello che c'è stato prima". La necessità di prendere le distanze col passato, lo porta presto sulla strada dell'avanguardia, alla ricerca di un nuovo modo, coerente con la rivoluzione, di ricreare il volume, in una formalità costitutiva. Il nuovo sguardo dei pittori guarda alla realtà non più alla ricerca di una mimesi, ma di elementi, parti, atomi, individuati da un forte processo critico-analitico, che riduceva all'essenziale ogni episodicità, privandolo di risalto e dunque di una gerarchia. La realtà degli impressionisti è una realtà che deve essere penetrata (non rappresentata) per divenire una nuova natura, quasi metafisica. La "propria sensazione" dei pittori diviene la driving force delle opere, e Cezanne -come fa notare Alfonso Gatto- "ha l'estrema forma del suo informe". Come afferma il Prof. Saggio a lezione, "la nascita di un nuovo sguardo mette in crisi inanzitutto chi lo guarda" e non è un caso che c'è chi, nel 1903, sosteneva che appoggiare questo tipo di arte, sostenere queste "pazzie pittoriche", ovvero ammettendo l'artista Cezanne, "non rimane che dar fuoco al Louvre", in cui peraltro il pittore francese riconosceva "il luogo in cui impariamo a leggere". Paul Cezanne riesce a comprende la forza mistica che esplode dalle cose mute, dai tronchi e dalle rocce, dei quali sa conservare la purezza della sensazione. L'architettura di un Cezanne sarebbe forse un'architettura primitiva, realizzata pietra su pietra, senza piano preordinato e senza raffinamenti, in un'immagine immobile e senza articolazioni, che combatte il "circoscrivere i contorni con un tratto nero", errore che per lo stesso pittore è rifuggibile attraverso la natura. Semplicità ed astrazione del disegno sono un modo di controllare la complessità; se la realtà viene intesa come un tutt'uno complesso, la composizione astratta, consente di asciugarla e di attribuirle nuovi significati.
Il processo dell'astrazione comporta la perdita di validità dalle tipologie consuete e familiari, a cui la storia ci ha pigramente abituati. L'arrivo prorompente dell'informatica, implica l'astrazione: essa infatti nasce formalizzata in un mondo deduttivo, che risponde alla domanda What...If, giocando sulla minimizzazione del numero di istruzioni da eseguire per risolvere la questione. Il concetto di modello, che come sostiene Einstein è "un'astrazione selettiva della realtà", include al suo interno il processo di semplificazione rispetto agli elemeti strettamenti necessari per rappresentare vividamente la realtà. Tutte le scienze (uso il plurale!) che abbiamo oggi, partono da questi assunti di semplificazione, riconoscendo nello studio universale della realtà una complessità eccessiva da poter essere studiata e compresa. Mentre generalmente il modello allontana dalla realtà, in architettura oggi ha un effetto contrario: grazie all'IT l'immagine virtuale può divenire senza quasi intermediari oggetto (architettonico) concreto, a presa diretta. Oltre all'astrazione formale, oggi siamo in presenza, come ci segnalano lo studio giapponese SANAA in presenza anche di una 'esperienza della visione astratta', utilizzando del digitale, soltanto alcuni strutturanti caratteri linguistic: trasparenza, immaterialità, luminosità e gestione dei flussi.

I pensieri qui presentati sono stati sviluppati a partire dalla lezione del Prof Saggio del 18 marzo. Ascolta parte A>> parte B>>

Immagine: riflesso sui vetri del Dior Building, Omotesando, Tokyo, di SANAA