mercoledì 26 agosto 2009

PERSONAL ARCHITECTURE

Ormai abbiamo compreso quanto l'Information Technology stia cambiando in maniera sempre più concreta non solo il nostro modo di vivere ma quello di pensare. Spesso mi capita di immaginare quanto nella vita reale sarebbe utile un comando "undo", per risolvere piccoli problemi, errori e dettagli che punteggiano le nostre giornate. L'ambiente virtuale, che sperimentiamo ogni qualvolta l'interfaccia del computer ci proietta al suo interno, è talmente penetrato nel nostro modo di fare (e di essere), che addirittura -per fare un esempio- si perde la grafia acquisita negli anni delle scuole, talmente ormai abituati a digitare lettere e non più a tracciarle e quindi ad associare il simbolo al pulsante, perdendo, la lettera, la sua fisicità, per perdersi completamente nel mondo delle idee e delle informazioni. La tastiera e il mouse sono periferiche; non costituiscono dunque un accredito qualitativo dell'ambiente virtuale, ma solo una nostra "comodità" di dialogo con la macchina. Lo schermo piatto e luminoso di questo mondo penetra affondo nei nostri sguardi, proiettandoci una natura "altra" sperimentabile ancora -per ora- solo attraverso la vista e l'udito.
A lezione si è più volte ribadito il significato che l''IT ha assunto a livello di offerta commerciale, nel senso che i prodotti nati in questa epoca tendono ad essere sempre più personalizzabili, al punto che si potrebbero produrre automobili tutte diverse (...alla faccia di Ford!); a tal proposito c'è un'efficace battuta di Beppe Grillo che segnala come sono cambiate le cose: "fino a cinquant'anni fa, si produceva un bene e si cercava di venderlo a più persone possibili, oggi si producono molti beni e li si cerca di vendere ad uno solo!".
Ma l'architettura, allora, come ha registrato tale cambiamento di offerta?
Già cinquant'anni fa Gilles Ivain, aveva individuato: "il complesso architettonico sarà modificabile. Il suo aspetto cambierà in parte o del tutto a seconda della volontà dei suoi abitanti". Se l'architettura immaginata da Ivain è una sorta di interfaccia, ovvero di un sistema attraverso il quale poter interagire per organizzare liberamente lo spazio abitabile, allora tale iper-spazio, trascende il pragmatismo della materia inerte, pur essendo fisico diviene metafisico. La mutevolezza dell'ambiente architettonico, potrà dunque assumere semantiche sempre nuove, dipendenti dalla volontà del soggetto, ottenendo un'architettura capace di farsi continuamente 'Personal'.

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